Leoncavallo, simbolo dell'illegalità impunita

Scritto il 27/08/2025
da Vittorio Feltri

Egregio Feltri,
solo una sciocca domanda sul bar e sul ristorante all'interno del Leoncavallo: «Chi rilasciava gli scontrini fiscali?». Se non erro, sono obbligatori così come le licenze per poter esercitare questa sorta di attività. Grazie e cordiali saluti.

Paolo Camerano
Biella

Caro Paolo,
la tua domanda, apparentemente semplice, quasi ingenua, in realtà, coglie con chirurgica precisione l'assurdità di un sistema che ha smesso da tempo di chiamare le cose col loro nome.

Tu mi chiedi: «Chi rilasciava gli scontrini fiscali nel ristorante del Leoncavallo?». La risposta più onesta sarebbe: nessuno. Anche la più logica, dato che dentro un edificio occupato abusivamente non dovrebbe sorgere una attività commerciale, o, se sorgesse, non potrebbe essere ritenuta legale.

Ma la verità più tragica è che a nessuno importa. Siamo in Italia, dove se un artigiano dimentica un bollino, lo Stato lo massacra. Ma se un centro sociale, che occupa illecitamente la proprietà privata altrui, privo di concessioni, licenze e legittimità, apre un bar, un ristorante, e magari anche una libreria, allora va tutto bene. Anzi: guai a toccarlo. Il Leoncavallo, sgomberato di recente, è stato per decenni una zona franca dell'illegalità, spacciata per «cultura alternativa». Lì dentro si serviva cibo, si versava birra, si organizzavano concerti a pagamento e feste private, il tutto rigorosamente senza licenze, senza controlli, senza tasse. In altre parole: una concorrenza sleale, impunita e pure coccolata.

E la sinistra, quella che a parole difende la legalità, la giustizia sociale e la Costituzione, taceva. O peggio, applaudiva. Perché tutto è permesso, purché sia «politicamente compatibile». La legge vale solo per chi vota a destra, per chi apre bottega, per chi lavora onestamente. Per gli altri, vale l'autogestione. Essere di sinistra è una sorta di patente di immunità dalla legge.

Tu hai perfettamente ragione: come può esistere un'attività ricettiva in uno stabile occupato abusivamente? La risposta è semplice: perché la politica ha chiuso gli occhi. Perché la magistratura ha chiuso le porte. Perché la stampa, in molti casi, ha chiuso la bocca. E perché tutti noi ce ne siamo lavati le mani. Tutti complici di un'ipocrisia così sfacciata da far impallidire persino i più abili truffatori.

E sai qual è il paradosso più vomitevole? Che fuori da quel ristorante «inclusivo» recensito persino online, come fosse un normale locale immigrati senza fissa dimora giacevano buttati sui marciapiedi, ignorati, scansati dagli avventori radical chic come fossero sacchi della spazzatura. Altro che umanità, altro che accoglienza: i più poveri disturbano. La verità è che non siamo di fronte a un'eccezione, ma a un metodo. L'illegalità viene tollerata se è rossa. E ogni forma di abuso, fiscale, edilizio, sociale, viene giustificata se arriva «dalla parte giusta della storia». Il Leoncavallo era un simbolo. Ma non della libertà. Era un monumento all'arroganza dell'illegalità impunita, travestita da cultura.

Ti ringrazio per aver posto una domanda che smaschera un intero sistema. E se mai qualcuno avrà il coraggio di rispondere, lo invito a farlo con una copia della licenza, una ricevuta fiscale, e un estratto della dichiarazione dei redditi. Ma dubito fortemente che questo accadrà.