Calenda elogia Giorgia e graffia i dem. "Si sono consegnati ai 5 Stelle"

Scritto il 27/08/2025
da Federico Bini

Il centrista intervistato da Sallusti: "La premier è capace. Una mano a Fico? Piuttosto me la taglio"

È forse uno dei politici più corteggiati e al centro del centro del rinato bipolarismo italiano. Carlo Calenda, leader di Azione, lo sa e in un avvincente colloquio con il direttore Alessandro Sallusti alla Versiliana ha cercato di fare chiarezza sul suo futuro politico. Con un certo orgoglio, dopo una simpatica parentesi sul suo percorso politico-lavorativo, dalla Fgci alla Ferrari, il segretario di Azione si definisce «un liberale sociale, un tempo affine al Partito Repubblicano» e confermando quella tradizione laico-repubblicana si pone a fianco del ceto produttivo: «Questo paese è stato fatto grande dal lavoro degli italiani e dalla produzione eppure facciamo tutte le cose contrarie al lavoro e alla produzione». Quindi sferza un attacco al sistema privato e pubblico: «Siamo diventati un paese della rendita oltreché del populismo e abbiamo le Regioni che sono da combattere anzi, vanno chiuse e commissariate». Le Regioni, anche per le imminenti scadenze elettorali sono l'oggetto principale del colloquio, implicando diversi temi come quello politico-clientelare che si annida «nelle società partecipate di tutta Italia e che vanno accorpate sempre di più» e delle alleanze: «In Toscana il riformista Giani si è fatto dettare il programma dalla Taverna; in Campania piuttosto che darla in mano a Roberto Fico mi taglio le mani»; e attacca duro il Pd: «Si sono consegnati mani e piedi ai Cinque Stelle» che non a caso, è il suo ragionamento, «gli hanno dato Pasquale Tridico in Calabria, l'uomo del reddito di cittadinanza; l'ultima cosa di cui avevano bisogno» e chiude con un certo rammarico sulle Marche: «Io non so cosa sia successo a Matteo Ricci, lo avrei anche supportato poi però dice che vuole chiudere i termovalorizzatori».

Incalzato dal direttore Sallusti, svela anche il suo rapporto con il presidente Meloni, analizzando il lato istituzionale e il lato politico. Nel primo caso afferma: «C'è rispetto, dialogo, come con tutti i presidenti del Consiglio, il mio è un lavoro di proposta». Nel secondo caso invece, ricorda che non c'è un «avvicinamento concreto e sostanziale», come lo definisce Sallusti: «Giorgia è una politica pura e capace» ma, il problema che più sta a cuore al segretario Calenda, è che anche questo governo, secondo lui, non sta affrontando il tema delle riforme e della competenza: «Il problema cardine di questo paese è la gestione, continuiamo a votare gente che non ha gestito niente. Il vero pericolo non è il fascismo quanto l'anarchia istituzionalizzata».

Dunque ha alzato il velo sul progetto di un nuovo partito: «Azione farà un partito liberale, repubblicano con chi vuole starci, capace di aggregare i movimenti, associazioni indipendenti dai due poli, cercando di fare politica seriamente» e ci tiene appunto, a precisare: «Se la Meloni fa un provvedimento che condivido lo voto, io sono prima per il merito e poi per la parte». E richiamando in apertura il comparto industriale italiano si congeda con una stoccata agli Elkann sul caso Magneti Marelli-Iveco: «Eccellenze buttate via in un nano secondo». In fondo, era anche un (loro) manager.